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Gabriele D'Annunzio: il Fascinatore Fascinato dalla Cartomanzia
Quando si parla di Gabriele D'Annunzio, subito saltano alla memoria il suo Amore per la Parola, per l'Avventura e per il Bello. D'Annunzio è stato un comunicatore innato, così devoto alla Parola da decidere di voler sempre essere accompagnagto dai più ricercati lemmi. L'Amore per la Parola di D'Annunzio celava, certo, una inesauribile Fascinazione per la Fascinazione. Possiamo ben dire che la tensione alla Lusinga Estetica non fosse esclusivamente presente nella sua ossessiva ricerca del più brillante e raro lemma.
Questa inclinazione è, di certo, motrice anche della adesione del Vate all'Avventura, la cui più iconica rappresentazione è stata tramandata ai posteri dalla memoria della famosa "impresa di Fiume". Tutto quanto D'Annunzio dichiarava o compiva era, notoriamente, un tentativo di Affermazione della potenza del sè. Tuttavia, quanto appena detto è solo la superficie della verità di un uomo che, nei fatti e in una più attenta analisi, mostra la sua più vera e viva Fragilità umana.
Poco si dice del D'Annunzio ossessionato dalla malattia e del suo Armadietto dei farmaci strabordante dei più meravigliosi preparati disponibili all'epoca. Poco si dice della sua mania di collezionare gingilli, come manifestazione di una presenza-assenza di vita, cristallizzata in quei numerosissimi ninnoli.
D'Annunzio e le "Scienze occulte"
Poco si dice, soprattutto, dell'Amore di D'Annunzio per la Cartomanzia. Quando parliamo di personaggi vissuti nell'Ottocento, o nel primo Novecento, non c'è da stupirsi per la possibile scoperta di un loro Amore per le "Scienze Occulte".
L'Ottocento è stato un periodo di particolare fascinazione per l'Esoterismo e, alle feste di diversi rappresentanti della coriacea Aristocrazia, non mancavano sedute spiritiche o letture di Tarocchi. Quello che stupisce, alla luce di ciò, dell'Amore di D'Annunzio per la Lettura Dei Tarocchi, non è il fatto in sè, quanto, piuttosto, come questo aspetto riveli ai posteri come anche il più orgoglioso e apparentemente solido degli Esseri Umani, abbia in sè il desiderio, presente in ogni uomo, di poter controllare l'incertezza che partecipa alle nostre vite, come condizione necessaria dell'essere sempre in movimento verso un ignoto futuro.
Si potrebbe pensare che D'Annunzio amasse le sedute di Cartomanzia poichè desiderava espandere la sua "sete di Potenza" grazie alla cognizione di quanto gli avrebbe riservato il futuro. Ciononostante, l'analisi delle sue opere tende ad avvalorare quanto detto prima: come un qualunque Essere Umano, D'Annunzio necessitava d'essere rincuorato rispetto alle sue ineliminabili incertezze; a dispetto della sua poetica dell'Uomo Esteta, gaudente e deliziato dal Piacere, e del Superuomo, pressocchè inscalfibile nella sua Virilità.
La fascinazione di D'Annunzio per il mondo esoterico
Nella famosissima Lirica "La pioggia nel pineto", del resto, egli parla dell'Amore come di una alterna illusione: un giorno l'Amore inebria me, D'Annunzio, ed un giorno inebria te, Ermione. Ma lo fa con movimenti discontinui e disallineati:
"E piove [...]
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione."
Inoltre, all'interno del Romanzo "Il Piacere", il protagonista Andrea Sperelli, seppur descritto con inquadrature panoramiche che esaltano le sue corse a cavallo (come un "macho" dei giorni odierni) si perde sovente in anemici languori che ne mostrano la vulnerabilità. Tra tutti spicca un momento di malinconia per delle rose abbandonate sulla neve:
"Piansi per voi, d'amore; e piansi per le rose, di pietà. Povere rose! Mi pareva che dovessero
vivere e soffrire e agonizzare, su la neve. Mi pareva, non so, che mi chiamassero, che si
lamentassero, come creature abbandonate."
Questi pochi esempi dimostrano quella bisognosa sensibilità umana di cui prima e spiegano la profondità della necessità di D'Annunzio di rivolgersi alla Cartomanzia. La fascinazione che D'Annunzio nutrì per il Mondo Esoterico non diminuì mai, anzì aumentò con il passare degli anni. Man mano che la vita del poeta si fece sempre più ritirata, egli passò sempre più serate tra
tavole ouija, mazzi di tarocchi ed altri mezzi divinatori. Una predizione che il Vate ricevette da una cartomante fu particolarmente sbalorditiva:
"Voi volerete nell'aria e farete straordinarie imprese. Quindi cadrete e andrete ai cancelli della morte. Ma passerete attraverso la Morte e dopo la Morte andrete nella Grande Gloria"
[Dalla Biografia di Isadora Duncan - My life]
Qualche tempo dopo d'Annunzio compì l'Impresa di Fiume, poi, sbattendo il volto contro una mitagliatrice, fu costretto alla cecità, ma, continuando a scrivere anche con una benda agli occhi, non smise di tracciare la predetta Gloria verso i posteri.
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